Per tanto tempo ho pensato che dire arte terapia spaventasse, allontanasse, rendesse tutto troppo complicato e di difficile comprensione.
Mi sono interrogata su come alleggerire, su come rendere fluide due parole che, a seconda dei casi, possono trovarsi attaccate, staccate o divise da un trattino.
Ho messo e tolto maiuscole, cambiato caratteri, accostato colori, edulcorato il concetto in diversi modi, con parafrasi, filastrocche, spiegazioni più o meno dettagliate.
Poi ho cominciato a respirare più piano e ho semplicemente scelto di proporre assaggi invece che pseudo lezioni e così la gente ha cominciato a sentire prima ancora di voler capire ad ogni costo.
Allora le maiuscole non mi sono più sembrate essenziali, sia caratteri che forme e colori hanno smesso di preoccuparmi e il senso ha cominciato a chiarirsi spontaneamente, manifestandosi senza timore e con estremo rispetto.
Oggi dico e scrivo arte terapia con la profonda leggerezza che mi sento addosso ogni volta che la faccio, ovunque e con chiunque. (E adoro chiamare in causa il “fare”, perché evoca le mani sporche e la presenza sostanziale di cui queste due parole, insieme, si nutrono).
Da quando nomino l’arte terapia con convinzione, riesco meglio ad accogliere le sfumature, a riconoscere il valore dei gesti e dei movimenti che accompagnano il processo creativo, a focalizzare ogni intenzione e a tollerare l’eventuale frustrazione dei momenti apparentemente vuoti. E nello spazio speciale e definito del setting ciò che avviene, così come ciò che non avviene, ha il carattere specifico della sua stessa identità.
Molte persone ancora si spaventano, storcono il naso o indietreggiano, probabilmente per qualche fastidio provocato dalla seconda parola o dall’accostamento stesso, ma fortunatamente, molte altre si lasciano cullare da una sensazione, qualche dubbio o alcune semplici curiosità e, più o meno ispirate, si mettono in gioco e vengono a provare.
Ecco, l’arte terapia é per chi vuole assaggiare qualcosa di nuovo, per chi sogna, per chi cerca, per chi si stupisce e per chi attende. É per chi respira e per chi osa.
Potrebbe essere per tutti ed é per chiunque scelga di esserci.
Con il proprio nome e la possibilità di trovare una voce capace di manifestarlo.
Perché a livello simbolico di questo si tratta: i (di)segni, le tracce, i movimenti, le forme e i gesti di ogni processo creativo, donano voce a presenze sempre più consapevoli.
Proviamo quindi a non temere, non snobbare e soprattutto non nascondere l’arte terapia… Avviciniamola e lasciamo che ci sfiori senza paura, gridando o sussurrando chi siamo attraverso fogli, colori, materiali di ogni genere e mani più o meno indaffarate.
Sarà un viaggio di scoperta e valorizzazione.
Per provare a sentire, anche soltanto lievemente, cosa potrebbe accadere, contattatemi: organizzeremo insieme un assaggio e poi potrete decidere se salire in zattera o anche no…
L’ha ripubblicato su GABRIELLA CASTAGNOLI.
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